martedì 17 febbraio 2015

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 116 – Una sequenza di “D” definisce i nuovi scenari della consulenza



In questo tour “2015” di Swiss & Global, chiamato “Colmare il Divario”, nel corso delle conferenze tenute presso le varie cittadine e località d’Italia visitate con grande piacere e profitto (come ho già detto), cerco di enfatizzare quello che, a mio avviso, è una sorta di “punto di svolta” epocale.
Si tratta delle grandi opportunità che si aprono ai consulenti di fronte alla crisi dei competitor di un tempo: immobili, titoli di stato, conti correnti e di deposito, e quant’altro. E’ uno scenario innescato da una grande D, la D di deflazione, che ha cancellato il “Divario” illusorio di un tempo tra le forme tradizionali di investimento, il fai-da-te, e quello che può offrire un consulente.

In assenza di inflazione e dei tanti altri fattori frenanti, di cui ho già parlato, si aprono scenari nuovi in cui i risparmiatori diventano consapevoli e D-elusi delle loro stesse scelte del passato (quante D quest’anno! Quanti divari da colmare!). Di qui, strategicamente, la sfida nuova che viene posta  dallo schiudersi di grandi opportunità, in primis quella di reclutare nuovi clienti. E molti consulenti mi domandano: che cosa caratterizza questo passaggio così delicato ma, in compenso, tanto promettente? D-elicatezza: quando incontriamo un cliente, soprattutto un cliente nuovo o uno conosciuto da poco, dobbiamo renderci conto di come mai, spesso, solo dopo aver cumulato dei risparmi in modi così sbilanciati, forse deluso o dubbioso delle sue doti, il risparmiatore senta finalmente l’esigenza di rivolgersi a un esperto.  Proprio per questo dobbiamo conoscerlo meglio, senza fretta, un po’ alla volta, e, nello stesso tempo, bisogna assolutamente evitare di offenderlo, anche se è imbottito di case e, quindi, i suoi risparmi non sono ben D-iversificati. Dobbiamo cercare di provare comprensione per questa diffusa tipologia di clienti e capire che, in fondo, il cliente-tipo si è comportato così proprio perché era cauto e aveva imparato a far bene la sua professione, quella che gli ha procurato un certo benessere e gli ha permesso di risparmiare.
Non sempre le stesse doti servono per ogni tipo di scopo, in particolare la saggia prudenza e frugalità non è un buon viatico per capire come gestire bene i propri risparmi. Un conto è saper fare i soldi, altro conto è saperli investire bene. Questo è un tema che svilupperò nelle prossime lezioni, ed è il punto di partenza per avere buone relazioni con i propri clienti. Possiamo avviare una buona relazione con loro, ma solo se capiamo come funziona la loro testa. Ogni cliente è fatto a modo suo, ma alcuni fattori di base sono comuni a tutti. Perché l’architettura della mente delle persone è per molti versi la stessa. Nelle prossime lezioni esamineremo come funziona questa architettura cognitiva comune, soprattutto per quanto concerne la gestione dei risparmi.
Quando siamo bambini, ci insegnano giustamente a ponderare le decisioni, e a scegliere solo quello che conosciamo bene, quello di cui abbiamo fatto esperienza diretta e sappiamo che ci ha soddisfatto. Questa strategia funziona in molti scenari quotidiani, e ci salva dai pericoli, tranne che nella gestione personale dei nostri risparmi. In quest’ultimo caso dobbiamo diffidare delle cose che conosciamo bene, degli investimenti che abbiamo sempre fatto, e che vediamo che vengono fatti dalla maggior parte dei nostri amici e conoscenti. Comportarsi così ci porta a concentrarci su poche possibilità, quelle più familiari. Può andare bene in tempi normali, ma non quando arrivano turbolenze e crisi. Se queste capitano tutte nel paese dove viviamo, che conosciamo bene, i nostri risparmi seguono il destino del nostro paese. Quando il paese diventa più povero, i nostri risparmi vanno in scia.
Se vogliamo invece resistere all’avversa sorte futura, che è sconosciuta, dobbiamo distribuire i nostri investimenti indipendentemente da quello che a noi è noto, dagli immobili, dall’euro, e così via. Noi, spesso, già abbiamo uno stipendio o una pensione in euro, una casa il cui valore è in euro (non possiamo trasportarla altrove), insomma tutte forme di risparmio legate al destino del nostro paese. Se anche il nostro capitale umano è qui, collochiamo lontano i nostri risparmi, dove c’è dinamismo, crescita, speranze. Questo, se usato con delicatezza, è un ottimo argomento per gli approcci iniziali con nuovi clienti. Essi, spesso, appartengono al profilo-tipo che abbiamo appena descritto. Solo in seguito affronteremo i temi della pianificazione finanziaria della sua situazione, quando cioè lo conosceremo bene. Questo è un punto delicato perché è probabile che il nuovo cliente abbia immobili in eccesso rispetto al resto dei risparmi.
Quando avviciniamo questo tipo di cliente per la prima volta, egli è diffidente, proprio perché ha imparato a essere cauto e prudente. Ora, nel corso della vita, ci affidiamo a numerosi esperti. Ci rivolgiamo loro perché supponiamo, il più delle volte fondatamente, che sappiano dare risposta, grazie alle loro esperienze e conoscenze, a un quesito che ci sta a cuore. Gli esempi sono innumerevoli: un avvocato suggerisce come cavarsi dai guai con meno danni possibili, un commercialista come pagare meno tasse, pur restando nell’ambito della legalità, un medico indica la cura più adatta per un nostro male, per non citare i numerosi manutentori che sanno come aggiustare qualcosa.
In analogia con tutti gli altri esperti, molti si aspettano, plausibilmente, che il consulente finanziario sappia dirci quali siano gli investimenti più profittevoli. Purtroppo, quasi mai, i gestori sono in condizioni di predire in dettaglio come andrà in futuro uno specifico investimento, per lo meno non in quel ragionevole futuro che interessa le persone normali. L’unica strategia razionale, adottata dai consulenti, consiste nel differenziare le scelte frazionando i risparmi in molti investimenti diversi o, meglio, in investimenti che non sono correlati nei loro andamenti. Il consulente riuscirà così ad ammortizzare il rischio futuro, perché le discese saranno compensate dalle salite, se il consulente sarà stato capace di distribuire i nostri soldi in investimenti che non sono correlati, che cioè non vanno su e giù tutti nello stesso tempo. Sembra semplice, ma non è una cosa facile da fare, e gli italiani, nel complesso, non l’hanno saputa fare.
E si badi bene che non è solo il consulente che non è in grado di individuare a priori le migliori forme d’investimento. Non riescono a farlo neppure i gestori, quelli cioè che costruiscono i prodotti finanziari. Una recente ricerca del 2014 (The Career Paths of Mutual Fund Managers: The Role of Merit, di Gary E. Porter and Jack W. Trifts, disponibile in rete) mostra come stanno le cose. Questi due studiosi hanno esaminato 2.846 fondi d’investimento statunitensi, che possiamo considerare come un campione rappresentativo di quel mondo che per primo che ha adottato le tecniche finanziarie moderne, insomma la crème mondiale del settore. Questi 2.846 fondi erano affidati all’inizio del 1996 a 1.825 gestori (alcuni erano responsabili di più di un fondo). Un po’ come nel caso degli allenatori di calcio, la rotazione è stata alta: neppure un quarto dei gestori è stato in sella per più di cinque anni, e solo 195 gestori per la decade 1996-2006. Non sorprendentemente, quelli con prestazioni sotto la media sono stati cambiati prima. Questo succede anche nel calcio. E tuttavia neppure quelli più di successo, almeno per un certo periodo, sono poi rimasti in cima alla classifica a lungo.

Consideriamo, per esempio, il 20% di gestori in cima alla classifica nel corso del 2007. Erano i più bravi o i più fortunati? Anche nel caso degli allenatori sportivi non è facile dare una risposta sicura a questa domanda. Sta di fatto che, alla fine del 2013, quasi un terzo di questi gestori si collocava nell’ultimo quarto. Ora il quarto più in basso della graduatoria è quello dei meno bravi o quello dei meno fortunati? La metà del 20% che era in cima alla classifica nel 2007 non riusciva, nel 2013, a battere la media di tutti i gestori. Questo dato solleva dubbi sulla bravura o meglio, sulle doti dei gestori indipendentemente dalle condizioni dei mercati in cui i gestori fanno le scelte. Ogni periodo ha il suo gestore, e ogni gestore è adatto a un periodo specifico. Di qui la necessità di avere un consulente che sappia fare un buon mix dei prodotti dei vari gestori. Di qui anche la necessità di affidarsi a consulenti che non solo sanno fare mix dei risparmi dei clienti adatti ai tempi ma, soprattutto, sanno adattarli al profilo del cliente, nell’ambito di una pianificazione personalizzata. Ecco che si ritorna al tema iniziale della prudenza nell’incontro con i nuovi clienti, alla necessità di prendersi il tempo sufficiente per conoscerli, per stabilire un rapporto “naturale”, che non significa atteggiarsi in modo spontaneo. Essere spontanei è comportarsi come facciamo nella vita di tutti i giorni, apparire naturali corrisponde ad assumere la prospettiva del nostro nuovo cliente, il suo punto di vista (un tema rilevante, sui cui ritornerò).

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