Nelle tre lezioni precedenti abbiamo parlato dell’ultimo saggio di
Greenspan e delle cosiddette “emozioni del mercato”. Per capire bene la natura
queste di emozioni, come l’ottimismo e il pessimismo, le più fondamentali
emozioni collettive, prodotte dai contagi e, a loro volta, produttrici di
bolle, tali emozioni collettive vanno tenute distinte da quelle emozioni che
solo un investitore singolo può provare. Queste emozioni innescano i rimproveri
irrazionali fatti ai propri consulenti, che fungono da parafulmine rispetto a
quelle emozioni irrazionali che presuppongono che il passato sia modificabile.
Partiamo da un esempio banale:
Avete giocato al lotto gli stessi numeri, ogni settimana per un
mese. Non sorprendentemente, non avete vinto. Un amico vi suggerisce una serie
diversa di numeri. Cambiate i numeri? La probabilità che vincano i nuovi numeri
è la stessa dei vostri vecchi numeri (il lotto non ha memoria). Quello che
decidete può però innescare due tipi di rimpianti diversi. Il rimpianto può
sorgere in voi nel caso in cui continuate a giocare i numeri vecchi e, per
caso, i numeri nuovi, suggeriti dall’amico, siano proprio quelli che escono.
Questo è un rimpianto da omissione: non avete fatto un’azione che avreste
potuto fare (è il tipo di rimpianto più frequente). Per provare rimpianto da
omissione si deve essere capaci della seguente sequenza di operazioni
cognitive:
·
Avere
una memoria degli eventi passati;
·
Costruire
con l’immaginazione un passato alternativo;
·
Inserire
nel passato alternativo un’azione che sarebbe stata effettuabile (cioè sotto il
nostro controllo), ma che purtroppo non abbiamo fatto;
·
Simulare le conseguenze di quell’azione se
l’avessimo fatta;
·
Scoprire che le conseguenze della simulazione
avrebbero poi condotto a uno stato di cose migliore rispetto a quello
verificatosi nella nostra vita effettiva;
·
Provare rimpianto per non aver fatto
quell’azione: sentimento caratterizzato dal dolore per aver perso un’occasione
che forse non si ripeterà (sentimento diverso dal rimorso riconducibile al
senso di colpa per un’azione cattiva fatta e che non riusciamo a dimenticare).
Una sequenza abbastanza complessa.
Nell’esempio precedente potrebbe, altrettanto casualmente,
succedere che voi passiate ai nuovi numeri e che i vecchi vincano: ecco un rimpianto da commissione, innescato
dall’aver fatto un’azione. Sorge spontaneo pensare: “ Sarebbe bastato
continuare come si è fatto prima senza cambiare nulla e …”. Nel secondo caso il
rimpianto è più forte che nel primo caso: avevate fatto un investimento
cognitivo ed emotivo nella scelta iniziale. L’avete buttato via e, per di più,
vi è andata male! Ecco che entra in campo il consulente per mitigare tale
rimpianto, a posteriori irrazionale. Si è provato a chiedere a campioni di
persone che cosa rimpiangessero di più. La maggioranza delle risposte si
concentra su azioni che non sono state fatte:
·
Aver perso opportunità formative o
professionali;
·
Incapacità di cogliere un’occasione
importante;
·
Non aver dedicato abbastanza tempo alla
famiglia e agli amici;
·
Aver tralasciato delle relazioni;
·
Non aver dedicato sforzi sufficienti a …..
E così via. Rare sono invece le cose che si sono fatte e che si
rimpiange di aver fatto (frequente è invece l’azione cattiva commessa in
passato e di cui, successivamente, proviamo rimorso). Il rimpianto funziona con
questo meccanismo: tende a concentrarsi sulle cose che non abbiamo fatto e che
pur erano sotto il nostro controllo (nel senso che riteniamo che avremmo potuto
farle). La morale è che ci facciano meno male con il rimpianto da omissione che
quello da commissione. Il primo è preferito al secondo. Evitare rimpianti
troppo dolorosi e andare orgogliosi per quel che si è fatto è atteggiamento
sano, che ci rende felici e sicuri di noi stessi. Che rapporto c’è tra i
diversi tipi di rimpianto e le decisioni di investimento?
Cercando di rispondere a questa domanda Shefrin e Statman hanno
scoperto quello che hanno chiamato l’effetto disposizione (di cui parlo nel mio
saggetto sulla GESTIONE DEI RISPARMI).
Che cosa sia l’effetto disposizione lo si capisce già dal titolo
del famoso articolo dei due studiosi: “The Disposition to Sell Winners Too Early
and Ride Losers Too Long: Theory and Evidence” (l’essere inclini a
vendere troppo presto i titoli vincenti – cioè quelli saliti rispetto a quando
noi li abbiamo comprati – e a cavalcare troppo a lungo i perdenti – quelli che
sono scesi rispetto al momento del nostro acquisto). Tra i primi, Ferris,
Haugen e Makhija hanno cercato di controllare e analizzare l’effetto
disposizione, già individuato da Shefrin e Statman. Hanno misurato il livello
di vendite e di acquisti per ogni titolo, determinando statisticamente quello
che poteva venir considerato un livello normale. Hanno poi esaminato i volumi
di vendite per ogni titolo americano dal 1981 al gennaio 1985 e li hanno
raggruppati in diverse categorie in funzione delle percentuali di guadagno o di
perdita. Hanno infine confrontato queste categorie con i volumi di vendita di
ciascun titolo e hanno scoperto che c’era un anormale, eccessivo, volume di
vendita per i titoli che in un periodo immediatamente precedente avevano
guadagnato, mentre non venivano venduti quelli che avevano perso (tratto a
fondo questa problematica nei miei libri, cui rimando per un approfondimento).
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