Torno sulla questione
dei bilanci mentali affrontata nella lezione precedente. Questi ci sono molto
spesso d’aiuto, ma non nella gestione dei nostri risparmi. In effetti, i modi
ingenui di ragionare sulla probabilità a posteriori sono insidiosi, per quanto
spontanei, e possono minare la relazione con il cliente. Ho dedicato molti anni
di studio a questo problema (l’articolo “Naive Probability” è il secondo lavoro
più citato su Google Scholar, tra quelli a cui ho partecipato). Anche se solo
da pochi anni, abbiamo fatto passi da gigante nel capire i modi di pensare e di
emozionarsi delle persone di fronte all’incertezza. E tuttavia l’intuizione di
come funziona il rapporto tra possibilità, fatti, rimpianti, e bilanci mentali
non è del tutto nuova. Vorrei qui citare un passo tratto da un classico giallo
di Nero Wolfe. Nel romanzo Troppi clienti, del 1960 (trad. it. 1961, p. 96,
almeno nell’originale che posseggo), nel capitolo 11, l’investigatore Nero
Wolfe ha insegnato al suo assistente Archie Goodwin a stare in guardia.
“Uno degli
scompartimenti più efficienti del cervello è quello che muta le possibilità in
probabilità e le probabilità in fatti”. E poi, una volta che ci siamo convinti che
una cosa è proprio un fatto - e non una delle tante possibilità che si è
verificata in quel modo ma che, a priori avrebbe potuto verificarsi in altro
modo - noi passiamo all’azione! E tutte le altre possibilità, quelle a cui
avremmo potuto e dovuto pensare nel passato, e a cui magari abbiamo anche
pensato, nel frattempo sono state dimenticate. Meglio, si sono evaporate,
dissolte, non esistono più. Questo modo di pensare è alla base del “senno di
poi”.
Nel mio primo
libro di finanza comportamentale, nel 2006 (Psicologia e investimenti
finanziari, IlSole-24Ore), ricordavo come Irving Fisher, celebre economista,
avesse scritto nel 1930 un saggio dal titolo allusivo: Il ruolo dell’impazienza nello
spendere il reddito e l’opportunità di investirlo (Londra, MacMillan).
Fisher, dopo una vita laboriosa, perse tutto nel crollo della Borsa del 1929. Fisher
individua nell’atteggiamento speculativo un problema di pure aspettative,
indipendentemente dalle caratteristiche dell’oggetto acquistato: il semplice
comprare a un prezzo basso nella speranza di vendere a un prezzo più alto. In
sintesi – osserva Fisher - lo speculatore non si domanda: “ Quanto vale quello
che compro? Compro a un prezzo giusto?” ma più semplicemente: “Salirà il prezzo
di quello che compro, indipendentemente da quanto sia fondato il suo valore
attuale?”.
Si spiega
così come mai siano stati non reputati appetibili, molte volte (cfr. il mio
testo del 2006), titoli di aziende quotate in Borsa a prezzi molto più bassi
(p/e) rispetto a quando, pochi anni prima, gli stessi titoli venivano comprati
a man bassa. E’ esattamente quello che è successo anche nell’ultimo triennio,
da marzo 2009 a oggi. Solo nell’anno trascorso, il 2013, dopo due anni
precedenti di crescita dei mercati (a partire dal marzo 2009), negli Stati
Uniti il risparmiatore medio è entrato massicciamente in borsa (ancor di meno e
con ancor più ritardo ciò è avvenuto in Italia, purtroppo). Nel complesso gli
statunitensi, nel 2013, hanno tolto 67 miliardi di dollari dai fondi
obbligazionari e ne hanno messi 21 nei fondi azionari. Ma la maturità
acquisita, almeno rispetto ai tempi di Fisher, si dimostra con il fatto che,
rispetto ai fondi azionari, sono stati gli ETF a essere i più premiati, con un
incremento di 141 miliardi (cfr. Bloomberg, Lu Wang, 30 dicembre 2013). La
maggioranza dei risparmiatori statunitensi ha imparato che meno di un terzo dei
gestori dei fondi riesce a battere sistematicamente l’indice. Nel mio già
citato libro del 2006, ho ricordato come Fisher, quasi un secolo fa, mettesse
in guardia il risparmiatore rispetto ai tempi lunghi con cui si manifestano le
regolarità storiche, i cosiddetti “ritorni verso la media”:
Il
risparmio non aiutato dalla fortuna farà, con il passare del tempo, più ricco
il risparmiatore. Si deve tuttavia tener conto che il processo è lungo in
confronto con chi si assume rischi e, per caso, ha fortuna […] Ma lo stesso
rischio [accompagnato da sfortuna] può trasformare un uomo ricco in povero in
pochi anni, e talvolta in pochi giorni. Questa è la prima lezione
implicita sulla bontà, sui tempi lunghi, della diversificazione. Si noti che
Fisher scriveva ben prima, storicamente, della messa a punto della classica teoria del portafoglio all’inizio degli anni Cinquanta,
teoria che da Fisher è solo intuita (non cita il concetto di decorrelazione, ma
vi allude). Bloch (Speculation, 1999, in Legrenzi, 2006), in seguito, farà questo
commento: Benché, nei migliori dei casi, gli speculatori
svolgano un ruolo utile nell’identificare gap e asimmetrie nel mercato, molto
più spesso l’orientamento a breve termine, e gli scenari psicologici a esso
collegati, determinano un processo che distorce il mercato e conduce periodi
protratti di disequilibrio. Tutto ciò ci ricorda gli studi analitici di
Shiller, premio Nobel di quest’anno, sui fenomeni di regressione verso la media
(il più ovvio è il p/e di circa 15) e queste citazioni, di per sé piuttosto
banali, anticipano, a livello intuitivo, la strategia dei bilanci mentali su
cui siamo tornati più volte.
Immaginiamo di essere un consulente alle prese
con un cliente. Se siamo abili, sfruttiamo la tendenza a separare gli
investimenti in comparti separati e a ragionare all’interno di bilanci mentali.
Soprattutto staremo attenti a fissare gli opportuni sistemi di riferimento su
cui stabilire le ancore mentali del nostro cliente, in modo che queste
inneschino delle simulazioni mentali che gli arrechino soddisfazione e non
insoddisfazione. E’ molto importante evitare l’inerzia del suo
pensiero, per cui il cliente tende ad accorgersi delle tendenze a fatti già
maturi, spesso tardi, e la tendenza a pensare sui fatti avvenuti e non sulle
possibilità del passato. Questa propensione a trasformare le possibilità in
quello che poi è successo, è accentuata dal considerare il mercato in termini
di “sentiment” complessivo di un dato periodo, e non di serie storiche lunghe.
Torneremo su questo punto nelle prossime lezioni.
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