Nella lezione precedente ci siamo chiesti se è possibile parlare
di emozioni del mercato. Si tratta semplicemente di uno stratagemma linguistico
per designare in modo sintetico alcuni indicatori che si potrebbero esprimere
più direttamente come rapporti, medie, volumi e scarti, come nel caso dei sette
indicatori di Plus? Oppure sono qualcosa di più?
Secondo Alan Greenspan, nel suo recente saggio “The
Map and the Territory. Risk, Human Nature and the Future of Forecasting”
(Allen Lane 2013, Londra), la risposta è qualcosa di più, nel senso che i
mercati sono governati da contagi emotivi e che “negli oltre sei decenni di
interesse attivo in materia ho incontrato pochi metodi di previsione dei prezzi
azionari sostanzialmente di successo”. Greenspan si limita a dire che ci sono
momenti di esuberanza (irrazionale, cioè emotiva) e momenti di depressione e
che, sui tempi lunghi, si torna comunque sulle medie storiche, proprio come
sostiene il premio Nobel dell’economia di quest’anno, Robert Shiller.
Ma se le emozioni giocano questo ruolo di innesco dei contagi
irrazionali, come concepisce Greenspan il ruolo delle emozioni in tali contagi?
Egli accetta la concezione tipica della nostra cultura sul funzionamento delle
emozioni. Essa è riassumibile in questa sequenza:
EVENTO ESTERNO
EMOZIONE
DECISIONE GUIDATA DALL'EMOZIONE
AZIONE
SUCCESSO O INSUCCESSO
CAMBIAMENTO O PROSEGUIMENTO DELL'AZIONE
Ogni fase innesca la successiva: succede qualcosa, suscita in noi
un’emozione, l’emozione innesca una decisione che si traduce in un’azione. Tale
azione va bene o male (successo o insuccesso). Se va bene, procediamo nella
stessa direzione, se va male, nasce un’emozione negativa che ci fa cambiare
rotta.
Questo modello spiega quello che Greenspan chiama il “Jessel effect”,
riferendosi a coloro che speculano in borsa a prezzi crescenti, arricchendosi
come il giovane Jessel che continua a comprare finche non ordina al suo agente
di vendere. “A chi?” risponde il broker.
Questo paradosso, ricordato da
Greenspan, si spiega con la tendenza a proseguire un’azione fino a quando si
rivela di successo: di qui le crisi improvvise. Lo schema delle emozioni come
sviamento e turbativa è molto forte nella
cultura popolare.
Il ruolo delle emozioni è addotto come giustificazione dei
nostri errori: siamo meno colpevoli se siamo meno responsabili, se le nostre
emozioni ci hanno catturato e portato fuori strada rispetto a quando facciamo
una scelta ponderata e deliberata. Le ricerche sulle emozioni e sulle loro basi
neuro-fisiologiche hanno mostrato che questa concezione ingenua, per quanto
spontanea e diffusa, è infondata, come vedremo nella prossima lezione (cfr.
anche il manuale di Legrenzi, Papagno, Umiltà, Mulino 2012).
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