Le persone per solito hanno una vanità e un orgoglio che è più
forte dei loro limiti cognitivi ed emotivi: se sono state capaci di fare i
soldi saranno pur capaci anche di gestirli! Proprio come i siciliani, archetipo
degli italiani. E così questa presunzione fa sì che chi non ha un consulente
non sa di averne bisogno, in quanto crede di essere in grado di fare da solo,
un gestore capace, se non proprio perfetto:
“…
i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di
essere perfetti; la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni
intromissione di estranei sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta
compiutezza” (p. 217). Lo scopo della finanza comportamentale, e non di quella
classica, è proprio quello di riuscire a far evaporare la vanità, intervenendo
sui suoi effetti (la cattiva gestione). Non è facile, perché bisogna ammettere
che altri farebbero meglio di noi. Non basta insomma l’onestà e la correttezza
della relazione cliente-consulente bisogna anche che si capisca come vanno le
cose.
Nel Gattopardo un punto saliente è quando il principe si accorge
che Ciccio Tumeo ha visto più in là di lui, ha capito come stanno in realtà le
cose: “ Ma adesso provava anche una specie di
ammirazione per lui, e nel fondo, proprio nel fondo della sua altera coscienza,
una voce chiedeva se per caso don Ciccio non si fosse comportato più
signorilmente del Principe di Salina” (p. 139).
Passiamo adesso al lato destro del triangolo, quello collegato
alla finanza classica, e alla necessità di diversificare il portafoglio in modo
esperto (e non a occhio). Anche questo c’è nel Gattopardo, meglio ci sono i
danni della mancata diversificazione nella riproduzione,
proprio secondo il paradigma darwiniano, come ho cercato di mostrare nel mio
libro sui risparmi: “… in quegli anni la frequenza di
matrimoni tra cugini, dettati da pigrizia sessuale e da calcoli terrieri, la
poca varietà nell’alimentazione e l’abbondanza di amidacei … avevano riempito i
salotti di una turba di ragazzine incredibilmente basse, inverosimilmente
olivastre, insopportabilmente ciangottanti”
(p. 261). I danni della mancata diversificazione si accompagnano a
un’esaltazione dei calcoli, della precisione, dei ragionamenti matematici che
sono propri della finanza classica, una disciplina basata su ciò che sui tempi
lungi è sempre prevedibile e ripetibile. E’ facile fare un’analogia tra gli
angeli della finanza classica, rivolta più a presunti angeli che a uomini.
Angeli perché smisurata è la loro razionalità, serenità e preveggenza, proprio
come quando si calcola il moto degli astri nei cieli: “L’anima
del principe si slanciò verso di loro, verso le intangibili, irraggiungibili,
quelle che donavano gioia senza poter nulla pretendere in cambio, come tante
altre volte fantasticò di potersi trovare in quelle gelide distese, puro
intelletto armato di un taccuino per calcoli: per calcoli difficilissimi, ma
che sarebbero tornati sempre … Lontano, omnipotenti, e nello stesso tempo tanto
docili ai suoi calcoli”
(p. 104).
E poi, nel Gattopardo
c’è l’asimmetria tra il piacere dei guadagni e il dolore delle perdite,
un’asimmetria tanto forte da stravolgere la vita di Concetta, una delle figlie
del principe, che, per orgoglio e cecità, perde in un attimo il sogno della sua
vita, Tancredi, e rovina la sua esistenza. Tale asimmetria colpisce anche il
principe in punto di morte, come vedremo tra poco. Infine c’è il senno di poi,
quando il voto cancella la fiducia nel nuovo regime e, soprattutto,
l’overconfidence, l’eccesso di fiducia nella propria capacità di conoscere e
capire il mondo. Essa si manifesta quando la classe dirigente aristocratica
pensa che nulla sarebbe cambiato.
In conclusione la
finanza comportamentale non è lo studio di un particolare aspetto, del tutto
particolare, della nostra esistenza, quello dedicato alla gestione dei
risparmi. Al contrario è un insieme di leggi e principi psicologici che si
possono anche applicare alla vita economica, ma che caratterizzano il nostro
essere umani. E ancora una volta possiamo mostrare che per capire i limiti
umani nella gestione dei risparmi basta analizzare la natura proprio di noi,
esseri umani, la pasta di cui siamo fatti. La finanza classica non è la
descrizione della razionalità umana ma una pura astrazione, proprio come i
calcoli matematici che tanto piacevano al Gattopardo. Quei calcoli che il
principe fa anche in punto di morte: Faceva il bilancio consuntivo della sua
vita, voleva raggranellare fuori dall’immenso mucchio di cenere delle passività
le pagliuzze dei momenti felici. Eccoli: due settimane prima del matrimonio,
sei settimane dopo … molte ore in osservatorio, assorte nell’astrazione dei
calcoli e nell’inseguimento dell’irraggiungibile … Il suo cervello non dipanava
più il semplice calcolo: tre mesi, venti giorni, sei per otto … √840.000 …
inutile sforzarsi a contare. “Ho settantatré anni, all’ingrosso ne avrò
vissuto, veramente vissuto un totale di due … tre al massimo” (p. 294-6).
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