La
sottovalutazione del cambiamento futuro, esaminata nella lezione precedente è
dovuta a un atteggiamento, forse un po’ superbo, che ha effetti negativi sul
lavoro, nel senso che questo ambito non è più affrontato come una sfida, via
via che passano gli anni.
Ma l’atteggiamento in questione ha
effetti molto più negativi sulla gestione del risparmio perché è un grande
fattore motivazionale che giustifica ai nostri occhi il “fai-da-te”. E le
conseguenze di questa “superbia” sono oggi palesi nella
distribuzione
sbilanciatissima dei nostri risparmi. Rivolgersi a un esperto e affidarsi alla
differenziazione dei risparmi fatta da un consulente è una scelta ovvia, ma
solo quando accettiamo che il futuro non sarà una ripetizione del passato e che
quindi l’unico modo di “assicurarsi” contro l’incertezza è la diversificazione
dei risparmi. Purtroppo qui gioca in senso negativo anche un altro
fattore, e cioè l’affidabilità di quello che ci è noto, che conosciamo da
vicino. In linea teorica, infatti, l’opinione circa il fatto che “il mattone
non tradisce mai” non sarebbe perniciosa, ma solo a patto che applicassimo
anche a questo credo il principio della diversificazione. Una tabella
pubblicata in aprile 2015 dalla Banca Federale di Dallas illustra bene questo
punto. Come si vede, dal 2013, il valore degli immobili è molto cambiato da
paese a paese e, purtroppo, l’Italia è proprio il posto dove gli immobili sono
andati peggio e tale andamento continua ancora nel 2015.
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Tabella che mostra come un italiano avrebbe potuto giovarsi di una
diversificazione nell’investimento immobiliare
(fonte: Banca Federale di Dallas)
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Peraltro non è prevedibile a breve
termine un forte rimbalzo dei valori italiani perché i prezzi italiani non
sembrano sottovalutati rispetto a quello che rendono oggi gli immobili in
Italia rispetto ai trend storici del passato (oggi sono gravati da tasse,
balzelli e inefficienza della giustizia civile).
Questo risulta chiaramente dalla
tabella dell’Economist qui riportata.
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Sorgente: dati
OECD, aprile 2015.
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Se ci fossimo limitati ad acquistare
gli immobili solo per ragioni di servizio, e cioè in sostanza la prima casa
dove abitiamo, e poi, credendo comunque negli immobili come destinazione dei
risparmi, avessimo acquistato una quota del valore degli immobili di tutti i
paesi in via di sviluppo, avremmo fatta una scelta non basata sul nostro
passato e sulle nostre conoscenze personali ma su un principio di razionalità e
saggia diversificazione. In effetti un qualsiasi ETF che replica i valori
degli immobili nei paesi sviluppati è salito, negli ultimi cinque anni, di
almeno il 50%, mentre in Italia gli immobili perdevano di valore. Morale: la
colpa non è dell’investimento immobiliare in sé, ma dell’investimento
immobiliare non diversificato, cioè concentrato in un piccolo paese la cui
economia non va neppure molto bene e in cui la tassazione sugli immobili è in
forte incremento. Anche qui la paura ha giocato un ruolo negativo ed è il
fattore principale per spiegare come mai gli italiani si sono comportati
così.
Gli italiani hanno per lo più
mentalmente suddiviso i loro risparmi in quegli investimenti che, secondo loro,
danno tranquillità e quelli che possono invece creare timori. Le case sono la
forma di risparmio più tranquilla: gli immobili sono “conosciuti” in quanto
“familiari”, in tutti i sensi della parola. L’altra parte dei risparmi è quasi
altrettanto tranquilla, cioè qualcosa che non ci riserverà sorprese: depositi
bancari e titoli a reddito fisso. Tutto ciò agli occhi dei risparmiatori non
cambia valore e quindi non fa paura. Purtroppo in realtà ha perso di valore e
quindi è oggettivamente pericoloso come gli altri investimenti
“volatili”.
Questo atteggiamento di continuità
rispetto al passato fa parte di una tendenza più generale che è stata descritta
molto bene da Robert Musil nel romanzo L’Uomo senza Qualità. Musil si era
accorto che le persone, giunte a una certa età, credono che il loro mondo non
cambierà più. Avevano molte possibilità, da giovani, ma poi si «trovano davanti
qualcosa che pretende d’essere ormai la loro vita e il loro lavoro». A quel
punto gli adulti, riflette il protagonista del romanzo, Ulrich, «adottano la
persona che è venuta loro», e giudicano le sue vicende “come il risultato delle
proprie qualità personali. Essi hanno in realtà influito poco sugli
avvenimenti, che sono cambiati con una loro logica autonoma. E tuttavia
preferiscono credere d’aver scelto un destino che corrisponde alla loro
personalità permanente e alle loro scelte di vita”. Ulrich si accorge di questa
illusione, e non chiede di meglio che essere un uomo senza qualità.
Purtroppo anche gli investitori
italiani, per un misto di superbia, inerzia e subalternità alle banche, si sono
rivelati dei risparmiatori senza qualità. Pochi hanno approfittato sia del QE
statunitense sia di quello europeo, che probabilmente non ha dispiegato tutti i
suoi effetti essendo iniziato in ritardo rispetto a quello statunitense, i cui
effetti sono stati regolari ed efficaci come si vede dalla tabella qui sotto
riportata.
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I proprietari di azioni si sono giovati delle diverse fasi del QE. Quanti
italiani ne hanno approfittato?
(fonte: Bloomberg, 1 giugno 2015).
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In conclusione, quello che colpisce
in questa serie di lezioni sulla paura è la forza della scissione tra
pericolo e paura e gli effetti potenti di tale scissione. Sembra che i
meccanismi oggi contro-producenti della paura siano così forti da impedire
qualsiasi apprendimento. Nel tentativo di allontanare da noi le paure (false),
spesso mettiamo in pericolo (vero) i nostri risparmi.
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