Gilbert De
Botton (1935-2000), fondatore della società GAM, aveva avuto una gioventù
travagliata e raminga (apparteneva a una famiglia di ebrei sefarditi di
Alessandria).
Da grande aveva trovato conforto
nella lettura di Michel de Montaigne, suo filosofo preferito. Fatta fortuna in
Svizzera e in Inghilterra, raccolse la più grande collezione al mondo delle
opere originali di Montaigne e le donò all’università di Cambridge. Aveva
sofferto, da giovane, e temeva di soffrire di nuovo, secondo il motto del suo beneamato
Montaigne: “Un uomo che teme di soffrire soffre già quello che teme”.
Ora aver
paura è già soffrire, anche se razionalmente non si dovrebbe aver paura di un
futuro sconosciuto, per lo meno non nel caso dei nostri risparmi. Se quindi
siete un consulente, è bene cercare di mandare segnali positivi,
tranquillizzanti. La sopravvalutazione degli immobili come strumento “sicuro”
di risparmio è da attribuirsi fondamentalmente al fatto che le case non hanno
mai mandato segnali negativi, pur perdendo valore da tre lustri. Quand’anche li
avessero mandati, e magari ci fosse sorto qualche dubbio (perché concentrare
proprio lì la maggioranza dei risparmi? Ci sarà in futuro abbastanza domanda
per tutti questi immobili?), la pigrizia mentale e l’inerzia avrebbero comunque
prevalso, e per lungo tempo. E così la diversificazione è andata a farsi
benedire, e gli italiani, almeno nel loro complesso, si sono impoveriti.
Oggi, per sperare in rendimenti più
soddisfacenti ci si è spostati sulle azioni. Ma per ora è stato fatto poco e
tardi, perché le azioni fanno paura dato che il loro valore oscilla di più.
Come ci ricorda Fabrizio Galimberti (Plus24 del 4 aprile 2015, p. 14): “i
prezzi delle azioni sono grumi dei profitti a venire e, mancando la capacità di
guardare con sicurezza a quel che succederà, l’adeguatezza tra prezzi e
profitti prende a misura i profitti presenti” (cfr. tabella con i dati dello
S&P 500).
La tabella mostra la crescita dei
profitti su 15 anni generati dai titoli dello S&P 500. E tuttavia, anche se
si considera l’indice Wilshire 5000, quello più largo preferito da Galimberti,
si deve concludere che: “si notano, per la prima volta da molto tempo, segni di
una qualche sopravvalutazione delle quotazioni di Wall Street”. Di qui il
dilemma tra azioni forse care e titoli “sicuri” che offrono rendimenti quasi
nulli. Oggi questo dilemma viene risolto offrendo prodotti multi asset che, in
certo qual modo, “rendono meno evidente la presenza di azioni in quanto sono
nascoste al loro interno”. La rendono meno evidente perché la loro scelta è
lasciata al gestore, non è responsabilità diretta del cliente finale. Ma la
paura resta sotto traccia, perché è intuitivo che il rendimento soddisfacente
dei prodotti multi asset è ottenuto grazie alla presenza parziale di titoli
azionari.
La morale di tutta questa storia è
che non ci sono più porti assolutamente sicuri, rifugi tranquilli dove mettersi
l’animo in pace per lungo tempo (si pensava che questo avvenisse con le case,
ma abbiamo visto come la “grande illusione” sia svanita per sempre). Ecco
perché parlo ora di paure. Perché di questi tempi, per la prima volta da quando
io ho memoria, è più che mai importante “imparare a controllare le paure”. E
cioè non soffrire e non gioire né per le discese né per le salite perché saremo
costretti ad avere portafogli più volatili.
Questa ultima affermazione è una
banalità ed è anche inesatta. Perché il punto vero della paura è l’asimmetria
tra la soddisfazione dei guadagni e il dispiacere per le perdite: è questa
asimmetria che genera la paura ed evita che le oscillazioni vengano viste come
dei semplici “ritorni verso la media”. Se soffriamo di più per le perdite,
queste ultime vengono ingigantite nella memoria (i media collaborano a questa
asimmetria) e così si genera la “paura evocata dai ricordi”. La “paura
ricordata” vale anche per la divergenza indicata nella tabella che mette in
rapporto i rendimenti dei titoli decennali del Tesoro e l’indice relativo alle
aziende industriali (ora i profitti sono al livello più alto rispetto a GDP
statunitense dai tempi della seconda guerra mondiale, e questo dato fa un po’
paura).
Naturalmente, essendo i titoli del
Tesoro la più ovvia collocazione alternativa, a parte il real estate, il valore
dei profitti delle industrie manifatturiere va messo in relazione ai rendimenti
dei titoli decennali, come nella tabella riportata (fonte: Bureau of
Statistics). E anche questo rapporto dovrebbe mitigare la paura. Ma se un
giorno i tassi riprendessero a salire?
E tuttavia i tassi non saliranno di
molto se si avverassero le previsioni attuali. I timori di una eventuale forte
salita non sono riflessi dai dati delle opzioni che scommettono sui valori del
futuro. La tabella qui indicata mostra come la paura di un forte rincaro nel
futuro prossimo (2005-2018) e remoto (2019-2024) sia via via discesa
nell’ultimo trimestre, passando dalla linea blu (relativa alla previsione della
fine 2014) alla linea verde, che corrisponde alla stima di fine marzo).
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Fonte: Federal
Reserve rielaborata graficamente da Bloomberg.
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Bisogna infine analizzare che cosa
ha veramente innescato l’emozione “paura” in uno specifico cliente, quasi
fossimo degli psicologi clinici. Talvolta è quello che è accaduto in passato e
di cui lui ha memoria (paura ricordata), e talvolta è quello che teme nel
futuro (ansia da incertezza). Capita che alcuni clienti si concentrino solo
sulla parte del loro portafoglio che è andata male e che temano che questo
possa ripetersi. A queste persone va mostrato che il passato è immodificabile e
che non ha molto senso concentrarsi sui parziali fallimenti: è il resto che
conta. In un portafoglio ben diversificato, i successi ci sono proprio perché
ci sono anche i parziali insuccessi. In caso contrario non sarebbe ben diversificato.
Questo è il messaggio della
diversificazione, ed è un messaggio che si può cogliere “razionalmente” solo in
linea teorica e in termini generali. Ma è poi difficile da praticare perché
contro di lui agiscono forti ostacoli. Non è facile fare una diversificazione
che tenga conto degli effetti combinati di molte variabili. Per esempio,
bisogna tener presente che un dollaro forte sta dando nuova forma alle economie
mondiali, aiutando i paesi la cui valuta perde valore rispetto al dollaro (cfr.
tabella, fonte: Banca Mondiale). Non sono solo ostacoli mentali specifici e
separati, dovuti alla complessità dei fattori in gioco, ma anche forze emotive
e cognitive che si alleano contro la comprensione della “vera diversificazione”
formando blocchi mentali pressoché insormontabili. Solo risalendo ai fattori
che creano questi blocchi e analizzandoli in dettaglio, come ho cercato di fare
nel capitolo sesto del mio “6 esercizi facili per allenare la mente” (Cortina
Editore), diviene veramente facile capire come funziona la diversificazione e
le paure si dissolvono. E una volta che si è capito, si agisce di conseguenza.
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