Quando parliamo di fiducia nel rapporto tra un cliente
e un consulente di che fiducia parliamo? C’è la fiducia in noi stessi, la
fiducia negli altri e, infine, la fiducia che ispiriamo agli altri. La lingua
inglese ricorre a due termini distinti.
Confidence è la fiducia in noi stessi ed è facile
modularla in over-confidence, che potremmo tradurre con baldanza (una persona
troppo sicura di sé), e under-confidence, che indica la situazione opposta di
incertezza e insicurezza. Trust è la fiducia sociale, quella nostra (per gli
altri) e quella altrui (per noi). Tale fiducia alimenta e consolida impegni,
amori, tradimenti e quant’altro. Ho già toccato questo punto parlando del ruolo
positivo delle emozioni nel superare l’incertezza e costruire la fiducia, verso
sè stessi e verso gli altri.
Se fate il consulente o se, più in generale, lavorate
in un’azienda, tutte queste forme di fiducia sono cruciali e si intrecciano. La
loro rilevanza discende dal fatto che,
per un cliente o un dirigente la risorsa più scarsa è il tempo. Non c’è quasi
mai abbastanza tutto il tempo necessario per raccogliere, in modo dettagliato,
le informazioni prima di prendere una decisione importante. Non c’è tempo per frequentare
a lungo una persona così da appurare se possiamo fidarci di lei, come capita
con i conoscenti di lunga data. Talvolta, a forza di dover stare sempre con gli
altri, c’è poco tempo persino per conoscere sé stessi.
Dati questi vincoli, l’esperienza mostra che le
persone, almeno quelle particolarmente brave a prendere decisioni e a fare
affari, hanno come dote istintiva quel che si è soliti chiamare l’intuito
giusto. Chi non l’ha, ritiene che quella altrui sia pura e semplice fortuna. A
costoro sembra incolmabile la distanza tra la scarsa quantità di informazioni
disponibili e la qualità delle decisioni prese con poche informazioni. Come mai
alcuni riescono a colmare questo gap?
Quando si devono prendere decisioni rapidissime, come
nei casi d’intervento di vigili del fuoco o di decisioni dei piloti di aerei di
fronte a imprevisti, l’intuito non è altro che la stratificazione delle
esperienze pregresse. Diventa quasi istintivo, con un sol colpo d’occhio,
confrontare lo scenario di pericolo e l’analoga emergenza già affrontata con
successo in passato.
L’intuito consiste nel sapersi concentrare su quello
che la nostra esperienza ha distillato come fondamentale. L’over-confidence
risiede invece nel fare una stima che sottovaluta la complessità e l’incertezza
dello scenario. Pochi imprenditori, a posteriori, lo ammettono. Un caso noto è
quello di Ted Turner, quando rievoca le vicende del 1995 dell’assorbimento
della sua società da parte della Time warner che, a sua volta, si fuse con Aol
nel 2000.
Come mai l’over-confidence conduce a errori? Talvolta
ci focalizziamo su dettagli appariscenti e superficiali. Solo l’esperto sa
cercare, isolare e analizzare i punti essenziali. Lo studio dell’eccesso di
fiducia è un capitolo fondamentale della finanza comportamentale in quanto gli
eventi del futuro, quando poi capitano, spesso ci sorprendono in quanto ce li
aspettavamo diversi. La Swiss & Global ha messo a punto un suo indice che
misura quanto gli eventi che si verificano sui mercati sono sorprendenti rispetto
alle attese medie degli esperti. E’ evidente che, se gli esperti facessero
previsioni molto più caute, cioè forchette di valori più ampi, le sorprese
accadrebbero molto più raramente. Però è altrettanto evidente che tali
previsioni sarebbero pressoché inutili agli operatori che vogliono sapere come
andranno i mercati, non come press’a poco e all’ingrosso andranno su tempi
molto lunghi.
Il problema della fiducia in sé stessi, come mostrano
molti esperimenti e l’esame di casi noti, è che se ne ha troppa quando le cose
vanno bene e troppo poca quando le cose vanno male.
L’inesperto si focalizza sui primi dettagli che gli
capitano. Queste informazioni lo colpiscono e guidano la ricerca delle
successive, impoverendo così lo scenario di scelta. Una sorta analoga di
focalizzazione può colpirci quando si tratta di aver fiducia negli altri.
Provate a pensare all’impressione che vi fa una persona nei primi cinque minuti
di conoscenza. Quando incontrate qualcuno per la prima volta quel che vi
colpisce sono la sua faccia e il suo aspetto fisico. E’ opportuno dare fiducia
a una persona solo basandosi su questi elementi? Probabilmente, a freddo,
direste di no. Eppure numerose e accurate ricerche mostrano che è proprio
basandosi su queste informazioni “superficiali” che i promotori e i consulenti
meno esperti giudicano le persone che hanno davanti.
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